“Me vedrai seduta sulla tua terra”
“Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo, di patria in patria, me vedrai seduta sulla tua terra, o Africa mia, gemendo il fior de’ la tua gentil anima…”
Una poesia che nasce una notte a Palermo, alla ricerca di una sintesi fra l’identitá italiana e quella ivoriana. Lei si chiama Assita, ha vent’anni, una passione per la letteratura e una nostalgia, una memoria spirituale per una terra che non ha mai consociuto, la Costa d’Avorio. Ripensa ai versi della poesia In morte del fratello Giovanni di Ugo Foscolo, e la riscrive per comporre un dolore, per diminuire una distanza, per sentirsi meno straniera.
African Summer School è un libro pieno di storie come questa, di pagine e capitoli che immaginano un mondo nuovo. Vengono in mente un farmacista tarantoparmense che suona canzoni africane, un imprenditore rwandese che da quindici anni dirige in Italia una cooperativa per l’accoglienza dei rifugiati e non è ancora cittadino di questo paese, una trentenne indiana che per otto anni ha inseguito la propria identità fra Modena e il Kerala.
Una poliedrica e intensa settimana di formazione commentata da tutti con entusiasmo.
Andrea Casale: “Una scuola che mi ha arricchito al di là di ogni aspettativa.”
Dylla Gaelle Gateka: “Per tre anni ho partecipato come volontaria, quest’anno ho deciso di sedermi tra i banchi. Questa scuola mi ha permesso di riconquistare la mia dignità di africana, di sentirmi una persona con una storia e una dignità, di capire come progettare un’impresa.”
Pietro Corazza: “Per una settimana mi è sembrato di non vivere in Italia. Ho visto le cose da un punto di vista non eurocentrico. Vivere a Villa Buri è come vivere in una casa con tanti fratelli e sorelle che la sera si siedono insieme a tavola.”
Michel Rukundo: “Siamo venuti qui affamati, abbiamo mangiato una realtà condita da idee, con un contorno di diversi punti di vista … condivido un pensiero: sono un essere limitato che torna a casa con la consapevolezza di non avere limiti insieme agli amici conosciuti qui.”
Kwanza Musi Dos Santos: “Finora in quello che ho studiato ho incontrato i filtri della cultura occidentale, qui ho trovato un approccio diverso che mi ha conquistata.”
Osty: “Un’esperienza che mi ha toccato molto e che non dimenticherò.”
Ange Nurberda Rasi: “Quando una persona sogna, il sogno non si realizza, quando sogniamo tutti diventa realtà. Ringrazio il direttore Fortuna che ha immaginato e creato questa scuola. Dobbiamo portare questa scuola ovunque in Africa e fare in modo che il Rinascimento africano passi anche dalla partecipazione delle donne. Spero in un mondo dove regni la diversità culturale, dove ognuno possa sentirsi fiero della propria identità.”
Lorenzo D’Amelio: “Sono felicissimo, African Summer School è un movimento di coscienza e consapevolezza che sta arrivando in Europa, un modo di andare oltre le barriere e i confini, di diventare cittadini del mondo. In sintesi: siamo ciò che scegliamo di immaginare.”
Claudia Berni: “L’Africa fino a ieri l’avevo incontrata nelle scuole serali per stranieri in cui lavoro come insegnante, e nelle quali ho incontrato una grande dignità. Questa volta mi sono messa dall’altra parte della cattedra ed è stata un’esperienza straordinaria che consiglierei a tutti i miei colleghi.”
Fo-Meth Attiogbe: “Ho studiato intercultura nella migliore università italiana: qui l’intercultarità si respira in ogni istante.”
Gloria Mulopo Kamy: “Studiavo legge, ma sentivo che era la direzione sbagliata per me e che non apprendevo nulla sull’Africa. Questa settimana mi ha aiutata a chiarirmi le idee. Ho deciso di realizzare un progetto imprenditoriale per essere libera di esprimermi. L’imprenditoria deve servire la società non noi stessi. In questa settimana inoltre ho vissuto una dimensione comunitaria, che ci avvicina agli altri, ci fa capire che in quando umani condividiamo una coscienza comune.Sarebbe bello poter dare a tutti la possibilità di partecipare a questo genere di inziative.”
Assita Kone: “Una volta chiesi a un mio professore perché si definisca l’Africa come ‘sottosviluppata’, e lui mi rispose che l’Africa non ha storia. Io invece sapevo che questa storia esisteva e appena ho letto dell’African Summer School mi sono iscritta.
Non pensavo fosse un’esperienza così intensa e concreta, non pensavo fosse un overload di nozioni e emozioni. Mi ha insegnato a prendere coscienza di me stessa, e quindi a prendere coscienza degli altri. Non mi sento più sola nelle mie lotte e credo che la passione vissuta qui ci debba accompagnare ogni giorno.”
Fatima Casalenuovo: “Masala è una parola indiana che indica un concentrato di spezie. Questa scuola per me è un masala di persone e di nuovi argomenti che mi ha dato tanta speranza e felicità.”
Margherita Vitali: “Sono convinta che questa esperienza dovrebbe svilupparsi in tutta Italia, ognuno nel suo piccolo può fare molto per costruire il futuro. Non perdiamoci di vista e realizziamo un video per dire a tutti che convivere, stare insieme, si può.”
Forse anche un film.
di Mario Anton Orefice